Un linguaggio che comunica perfettamente con il nostro io più profondo, scatenando emozione e riflessione… Sui mille volti della contemporaneità pittorica, Giovanna Andreassi apre il focus di un terzo occhio che principia dal framing (il soggetto scelto), rinnovandolo in successivo fissaggio iperrealista per infine concluderlo in evocativo surrealismo… Giovanna, anima del mondo, appartiene solo a sé stessa… Consapevole della vertigine fascinatoria delle capitali europee ne fissa con l’obiettivo della mente e del cuore l’essenza vitale, aprendo a molteplici sfaccettature cromatiche… Il passaggio della Swinging London , viva voce dei nuovi trend, in affianco alla nostalgia degli omnibus a due piani e delle rosse cabine telefoniche; la Parigi dei p’tites cafés affacciati su piazzette e boulevards, o, ancora, la solarità mediterranea e la frenetica movida di Ibiza e Barcellona….Sono specchi concavi del riflettere notazioni emozionali, sfogliando via via le pagine di un carnet de voyage: pagine e pagine, il passato, quella scala infinita appesa solo apparentemente nel vuoto che forse toglie spazio al presente ma indica una traccia fremente per il futuro… Opere, anni di un’esistenza nel vento del ricordo…Il soffermarsi a comporne i frammenti, nella luce di una metafora… Colpisce e continua a sorprendere la forza creativa di questa donna minuta, ballerina e atleta, che traspone fragilità pensose ad artistica sensibilità. Mi ricorda la grande Yvonde Cumbers, la fotografa inglese dei primi ‘900, che seppe cogliere il passaggio dei tempi con una vena di incisivo, elegante anticonformismo…I suoi modelli femminili, talvolta trasfigurati in chiave mitologica (celebri, le 23 Dee…), altre volte plasmati sui modelli dell’arte antica e moderna, per giungere, negli anni ’20 e ’30, al Surrealismo di Man Ray. Si ritrova un’eco potente di questa traslitterazione iconografica anticonvenzionale nelle opere backstage di Giovanna Andreassi: sequenza cinematografia vera e propria (sulla scia del Chorus Line di Attenborough – giocata sul polinomio perfezione, somma di sudore, lacrime, speranza, disillusione…). Il librarsi di stati d’animo con lo straordinario alleato, il colore. Denso, pirotecnico, scaturito secondo simbologie culturali a prima vista divergenti – tra umorismo velato, irrisione trattenuta e allusiva sessualità che, soprattutto oggi, appaiono il manifesto di un’epoca che tutto sembra permettere e, forse, nulla concede… Ma, calcando le scene oltre Atlantico, Giovanna approda a New York, calandosi con vigile aspettativa in quell’universo melting pot soggetto a perenne mutamento. New York, bella e dannata, mai uguale a sé stessa, ricca di scorci stupefacenti e di oscuri anfratti colmi di denuncia sociale che apre, nella produzione di Andreassi, all’ispirazione più fertile, Non quella trionfalistica con stelle e strisce ma un angolo di memoria vibrante che Giovanna sviluppa con sensibilità musicale, cogliendone le note estreme, e forse apparentemente ‘scomode’ che furono di Warhol, Basquiat e Keith Haring. Sono le tessere sul mosaico di una quotidianità lacerante, piccoli magneti esplosivi che si aggrappano con moto ascensionale lungo innumerevoli pareti di luce, nell’illusione ottica dello skyline… Un’artista che qui dovrebbe tornare per sempre, perché sa ignorare nel lampo della mente e del cuore la doppiezza malsana dei luoghi del trionfalismo Midtown stars&stripes (Manhattan Transfer di Dos Passos) per ritrovarsi libera in un volo di gabbiani sull’imbarcadero per State Island. That’s the End…Danza, Giovanna…La musica di Bernstein è nell’aria, porta il profumo delle onde e il sole illumina il truck giallo degli operatori ecologici (Un giorno a New York ma ancor più Fronte delPorto).
Caterina Berardi